lunedì 18 maggio 2015

Delirio Padovano!



Il selfie cha passerà alla storia


PLAYOFF 2015, DAY 3 - Un'altra stagione è arrivata alla conclusione, un altro pezzo di storia di questo sport è stata scritta. Più di vent'anni fa tutto questo non esisteva, e aggiungeremmo un "purtroppo". Non sapremo mai quanti anni di grande hockey abbiamo perso, sicuramente sappiamo quante emozioni abbiamo vissuto, tra grandi sfide, campioni da celebrare, vecchi amici da rincontrare, o a volte ricordare. La cerimonia di chiusura è una grande festa che vorremmo non finisse mai. Tutti uniti sotto un'unica bandiera, quella della passione per questo sport. La stagione 2014/15 ci lascerà in eredità il ritorno tra le “grandi” di due vecchie conoscenze come Dream Team e Dolphins, le retrocessioni di Aquile e Magic, il ritorno alle final four dei Thunder, l'orgoglio dei Leoni Sicani, la difesa targata Vitersport (anche se non a Lignano), la grande sorpresa Madràcs, giovani di belle speranze (per ulteriori informazioni chiedere in casa Blue Devils, Bulls e Turtles), il gemellaggio tra Coccodrilli e Falchi, due capocannonieri con la testa piena di rasta, tanti nuovi nomi, parecchi talenti, qualche occasione persa, due supplementari ed una sola Regina. Sì, perchè è questo che è diventata Padova, una Regina al tempo stesso carismatica ed elegante, dallo sguardo fiero e profondo, rivolto al futuro. Ci sono stati anni, in Italia, nei quali non c'era spazio per nessuno. In una sola città era concentrato troppo talento per non vincere, anzi dominare. Un uragano in movimento sempre pronto ad esplodere. Centro nevralgico di un intero movimento sportivo per un quinquennio, spina dorsale della Nazionale azzurra. Probabilmente la squadra italiana più forte di sempre. Gli Skorpions hanno rappresentato tutto questo negli anni compresi tra il primo scudetto, vinto un pò a sorpresa a nemmeno due anni di distanza dalla prima apparizione, e l'ultimo successo del 2010. Riuscivano ad esprimere un'ampiezza della manovra in leggera controtendenza, si fa per dire, con quell'idea di gioco molto italiana, tutta "blocchi" e tatticismo esasperato. Ecco, i maestri del tatticismo esasperato sono sempre stati i romani, probabilmente anche tuttora, capaci di vincere tre scudetti di fila quando tutti li davano per spremuti, ma soprattutto capaci di tirare fuori il massimo potenziale da ogni giocatore passato nei pressi del parquet di S. Lucia. Contro quelli con lo scorpione su sfondo rosso, però, anche i capitolini erano costretti a capitolare (scusate lo squallido gioco di parole). I Coco Loco sembrano una rivisitazione di quegli Skorpions a qualche anno di distanza, con un pò più di forza fisica e un po’ meno di esperienza internazionale. Per accostare definitivamente Padova a Varese bisognerà aspettare che la compagine veneta eguagli qualche record lombardo. Non siamo sicuri che sia così scontato, siamo sicuri, però, di essere di fronte ad una squadra che al momento non ha rivali in Italia, in grado di sfatare il tabù “Thunder alle Finali” con una rimonta che dice tutto sulla maturità di un collettivo pienamente consapevole dei propri punti di forza, o di regolare ai supplementari l’unica rivale capace di tenergli testa nelle ultime due stagioni (a proposito: continuate così, prima o poi arriva!), e dopo essere stata raggiunta a pochi secondi dal trionfo tricolore. La differenza tra padovani e resto d’Italia sta tutta lì. Se hai paura di vincere nel momento decisivo alla fine perdi, è matematico. Una sorta di logica masochista che ha afflitto intere generazioni di campioni, compresi i protagonisti di questa storia, che nella finale del 2013 persero uno scudetto suicidandosi nel finale di gara. Altri tempi.
Oggi quei ragazzi si sono laureati Campioni d’Italia per la seconda volta di fila, eguagliando il numero record di finali disputate consecutivamente proprio dagli Skorpions (dal 2007 al 2010), e facendo sfilare in passerella un collettivo che sembra rappresentare una sintesi di tutto ciò che serve oggi per vincere (almeno al di qua delle Alpi). Tre mazze forti fisicamente e tecnicamente, interscambiabili a seconda delle esigenze. Uno stick giovane ed insuperabile. Un veterano tra i pali, che negli anni ha interpretato tutti i ruoli che il gioco ha messo a disposizione, riuscendo quasi sempre a trasmettere una certa tranquillità al reparto difensivo, un pò come quella provata dai tifosi gialloneri quando in campo c’è uno stick con il numero 10 sulle spalle, cervello in movimento dell’intera squadra. Il tutto ben condito da una vagonata di giovani alle volte giovanissimi, sorriso contagioso di una squadra che di motivi per sorridere ne avrebbe già parecchi, tra vittorie, cori, abbracci e festeggiamenti singolari. Come quello di Emanuel Farcasel, mattatore di una finale tirata e nervosa. Uomo immagine di questo idillio giallonero, e non per la storica tripletta di domenica contro gli Sharks, ma per quel selfie sotto la curva amica, splendida cornice di un piccolo capolavoro padovano.  


Fabregas
















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